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Buonumore con il cambio di stagione: ecco la miniguida alimentare

Buonumore con il cambio di stagione: ecco la miniguida alimentare

Sono 12 gli alimenti che possono aiutare a mantenere alto il buonumore, anche in questo periodo di transizione fra estate e inverno, per molti causa di stress e depressione

Il cambio di stagione può mettere a rischio anche il buonumore, ecco quindi una miniguida che in questo periodo, aiuta molto a tenerlo alto.

La stagione a cavallo fra l’estate e l’autunno può infatti creare momenti caratterizzati da spossatezza, sonnolenza, malinconia e riduzione della produttività e mancanza di energia. Per contrastare questo stato psico-fisico ecco i cibi cosiddetti ‘utili’, ovvero ricchi di vitamine del gruppo B, ferro, zinco, potassio e magnesio.

Cambio di stagione, ecco gli alimenti per mantenere il buonumore
Cambio di stagione, ecco gli alimenti per mantenere il buonumore

Cibi che oltre a ridare energia contribuiscono ad allontanare momenti di stanchezza e depressione. La correlazione fra cibo e umore è infatti riscontrata da tempo e proprio il cibo risulta essere un alimento determinante con un forte potere riequilibrante. Se il latte ad esempio agisce ad attenuare insonnia e nervosismo, la frutta secca è invece ricca di magnesio, un alleato contro la stanchezza fisica e mentale.

Un toccasana per l’umore? L’uva, naturalmente, perché ricca di vitamina D, vitamina E, zinco e Omega 3. Altri alimenti come la pasta, sono ricchi di triptofano, precursore della serotonina, l’ormone che regola l’umore. Anche le banane aiutano in questo senso, perché ricche di potassio e magnesio e contengono anche il cromo, una sostanza che aiuta a regolare la serotonina.

Gli sbalzi di umore invece possono essere regolati da salmone e tonno, ricchi di Omega 3, acidi grassi essenziali agiscono sulla serotonina e sono un vero antidepressivo naturale. Per contrastare malumore e stanchezza, si può ricorrere alla carne di pollo, in quanto ricca di proteine e con pochi grassi ma soprattutto perché contiene la vitamina B6. La bresaola della Valtellina Igp ha proteine, vitamine del gruppo B e sali minerali ed è povera di grassi (2 g per 100 g di prodotto) ed è una buona fonte di triptofano.

Il cibo antidepressivo per eccellenza, che aiuta a ridurre lo stress e che gratifica tanto non solo i più piccoli, è sicuramente il cioccolato. Per contrastare fatica e perdita di energia si può ricorrere allo zinco, che si trova ad esempio nell’avena. A completare la dozzina di alimenti, il miele che ha proprietà antibatteriche e cicatrizzanti e favorisce la calma e le lenticchie, versatili e nutrienti, con ferro, potassio e fosforo.

Vaccini, Grillo: obbligatorio morbillo, non esavalente

Vaccini, Grillo: obbligatorio morbillo, non esavalente

Il ministro della Salute Giulia Grillo durante la trasmissione “L’Aria che Tira” su La7: “Noi non siamo contro i vaccini, ma per obbligo ove necessario”

“Noi non siamo contro i vaccini” ma per “utilizzare lo strumento dell’obbligo in maniera intelligente, obbligando i cittadini laddove è necessario, sicuramente per il morbillo. A differenza di altre patologie, dove è sufficiente la raccomandazione, come fanno altri Paesi, ad esempio per l’esavalente”. Lo ha spiegato la ministra Giulia Grillo durante un suo intervento a “L’Aria che Tira” su La7 nei giorni scorsi.

Ministro Giulia Grillo
Ministro Giulia Grillo

La ministra ha sottolineato: “Noi ci siamo opposti al decreto Lorenzin, non perché siamo contro ai vaccini, su questo qualcuno ha fatto un pò di confusione ma – ha ribadito – siamo favorevoli ai vaccini”.

“L’obbligo vaccinale è sufficiente solo per il morbillo” – ha specificato la Grillo, mentre “per altre patologie è sufficiente la raccomandazione, per esempio per l’esavalente. Su quegli altri vaccini, anche obbligatori prima del decreto Lorenzin ma ‘in forma leggera’ è possibile secondo noi, tornare a un pre-Lorenzin. Mantenendo però alta l’attenzione sul morbillo, che è il vero problema di questo Paese”.

Il morbillo infatti rappresenta una delle malattie infettive che più ha preoccupato la Ue negli ultimi anni. Sono tanti i Paesi che hanno fatto registrare picchi importanti di morbillo, fra questi anche l’Italia. Dal primo agosto 2017 al 31 luglio 2018, le persone contagiate sono state oltre 14mila. In particolare, in Grecia si sono registrati 3.224 casi, in Italia 2.873, in Francia 2.794 mentre nel Regno Unito si sono ammalati di morbillo 1.724 persone. Nello stesso periodo le persone decedute per cause dirette o riconducibili al morbillo sono state 37, di cui 25 in Romania e 5 in Italia.

Sempre durante la trasmissione su La7, la ministra ha parlato anche di droghe leggere, dichiarandosi “favorevole alla liberalizzazione delle droghe leggere”, specificando che “non è un punto contenuto nel contratto di governo e al momento non è nemmeno un argomento di cui si sta discutendo in Parlamento”.

La Grillo ha aggiunto di essere favorevole anche alla cannabis terapeutica. “Ci sono grandi vantaggi per i malati che la usano. Purtroppo, però, la produzione non è sufficiente a soddisfare le richieste e stiamo lavorando per risolvere questo problema”.

Allergie, ne soffre un italiano su 4: proposto tavolo tecnico

Allergie, ne soffre un italiano su 4: proposto tavolo tecnico

Un italiano su quattro è allergico, la metà dei pazienti viene curato male, per questo motivo gli allergologi propongono tavolo tecnico al ministero della Salute

Un italiano su quattro soffre di allergie, un problema molto serio che rappresenta un’epidemia sottovalutata e spesso banalizzata perché la metà delle persone che ne soffrono non riceve né diagnosi né terapie adeguate.

L’allarme sulla situazione italiana è stato lanciato dall’Aaiito, Associazione Allergologi ed Immunologi Italiani Territoriali ed Ospedalieri, la quale chiede l’istituzione di tavolo tecnico al Ministero della Salute con obiettivo la trattazione della prevenzione e della gestione delle allergie.

allergia
allergia

Sono infatti 12 milioni gli italiani coinvolti, che soffrono di allergie respiratorie, quali asma e rinite allergica. Altri tipi di allergie sono quelle alimentari, ne soffrono il 3-4% della popolazione adulta ed il 10% fra bambini e ragazzi. Le allergie da veleno di imenotteri fanno totalizzare circa 5 milioni di italiani punti annualmente, di questi da 1 a 8 su 100 sviluppano reazioni allergiche. Il 7% della popolazione ed oltre il 20% delle persone in ospedale, soffre invece di allergie da farmaci.

La proposta di Aaiito, rivolta a Allergie Onlus, Società Italiana di Medicina Generale ed a Federasma, è quella di unire le forze e fare fronte comune, onde aprire un confronto istituzionale con il Ministero della Salute e con le componenti parlamentari. E’ necessario infatti analizzare ed affrontare le criticità e soprattutto la sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

A tal proposito sono quattro le proposte: 1) definire un modello per le reti cliniche, con ambulatori di primo livello ed eventuale invio al secondo livello; 2) affrontare il problema dell’accesso ai centri di allergologia, rendendolo più agevole e riducendo le differenze regionali e razionalizzando il numero e la distribuzione; 3) rendere gratuite le principali terapie in tutta Italia, riconoscendo la cronicità delle malattie allergiche e la natura salvavita di alcune (come l’immunoterapia specifica per veleno di imenotteri); 4) studiare strategie e piani atti per favorire la diagnosi precoce.

Tuttavia la situazione italiana sull’allergologia è molto critica poiché a fronte di 15 milioni di persone circa coinvolte da problemi di allergia, sussistono in Italia soltanto 13 strutture complesse (al di sotto dello standard minimo di 1 struttura complessa per ogni 2 milioni di abitanti) e 58 strutture semplici.

Sul territorio invece, vi sono 150 allergologi titolari di specialistica ambulatoriale mentre un altro dato importante e su cui riflettere riguarda i 180 laureati medici specializzati in allergologia negli ultimi 5 anni, più più del 50% non riesce a trovare lavoro nelle strutture di allergologia.

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Uno studio basato sui dati di diverse agenzie internazionali rivela che l’Italia è quarta al mondo per efficienza nella spesa sanitaria, in Europa infatti è dietro soltanto alla Spagna

Quarta al mondo per efficienza della spesa sanitaria. E’ questo il responso di uno studio che ha riguardato i dati prodotti da diverse agenzie internazionali, per l’anno 2015.

Ad affermarlo, uno studio secondo il quale, in questa speciale classifica il nostro paese è salito di due posti rispetto allo scorso anno. L’Italia è infatti quarta, alle spalle di Hong Kong, Singapore e Spagna.

Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza
Spesa sanitaria, Italia quarta al mondo per efficienza

Lo studio si caratterizza dall’analisi dei dati prodotti nel 2015 da diverse agenzie internazionali, dall’Oms al Fmi, dati che si riferiscono in particolare a quei paesi ove si registra un’aspettativa di vita di almeno 70 anni di età, un Pil pro capite che supera i 5mila dollari l’anno e una popolazione minima di 5 milioni di persone.

Spagna e Italia hanno totalizzato punteggi molto vicini, tuttavia molto distanti dalle prime della classe Hong Kong e Singapore le quali hanno una minore spesa sanitaria rispetto al Pil con una aspettativa di vita paragonabile alla nostra.

Fra i paesi che invece mostrano un’importante flessione dovuta anche al peggioramento dell’aspettativa di vita, vi sono la Gran Bretagna che è uscita dalle prime dieci e soprattutto gli USA, scesi sino al 54° posto.

Gli Stati Uniti infatti, seppure presentano la seconda spesa procapite per la sanità hanno un’aspettativa di vita di 76 anni, sei meno dei paesi più avanzati.

Si fa notare invece la Thailandia, che come segnala il rapporto, ha scalato la classifica passando dal 41° posto al 27°. Ciò è dovuto al fatto che la spesa procapite è scesa del 40% mentre l’aspettativa di vita è aumentata. Il turismo medico è fra le industrie thailandesi che stanno crescendo di più″.

Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Limitare i danni dovuti alla sedentarietà è possibile attraverso un modo molto semplice da seguire nell’arco dell’intera giornata

Per limitare i danni della sedentarietà è sufficiente alzarsi dalla sedia ogni mezz’ora e per circa due minuti. A riferirlo uno studio del gruppo di ricerca canadese-neozelandese coordinato da Meredith C. Peddie dall’Università di Otago (Nuova Zelanda), pubblicato sulla rivista Sports Medicine.

Sedentarietà, c'è un modo per limitarne i danni
Sedentarietà, c’è un modo per limitarne i danni

Secondo gli studiosi “Dovremmo tutti impegnarci a stare meno seduti e a muoverci di più” e ciò può combaciare anche con piccole accortezze, come alzarsi per due minuti soltanto dalla sedia e camminare.

Piccole interruzioni che consentono di ridurre i livelli ematici di glucosio e quelli dell’insulina contribuendo a prevenire il diabete di tipo 2 e a restare in salute.

Per arrivare a queste conclusioni, gli autori dello studio hanno esaminato i risultati di 44 indagini internazionali che avevano indagato gli effetti metabolici e vascolari della sedentarietà prolungata in contrapposizione alla sua interruzione.

I circa due minuti di interruzione della sedentarietà ogni mezz’ora durante la giornata potrebbero infatti contribuire ad abbassare le concentrazioni di zucchero nel sangue e quelle dell’insulina fino a nove ore dopo un pasto nonché potrebbero ridursi anche i livelli dei trigliceridi nel flusso sanguigno.

Tuttavia quest’ultimo effetto, si andrebbe a manifestare soltanto dopo 12-16 ore dall’inizio dell’attività. Inoltre, gli scienziati hanno appurato che la riduzione dei livelli dello zucchero, dei trigliceridi e dell’insulina non era riconducibile e dunque influenzata, dall’intensità dell’attività svolta, dai cibi consumati, dall’età o dal peso corporeo.

“La maggior parte delle persone trascorre circa il 75% della giornata seduta o svolgendo attività sedentarie, e questo comportamento risulta collegato a un aumento dei tassi di diabete, malattie cardiovascolari, alcuni forme di cancro e alla mortalità in generale. Dovremmo tutti cercare di trovare un modo per evitare di restare seduti per lunghi periodi, e aumentare la quantità di movimento svolta durante l’intera giornata” – spiega la dottoressa Peddie.

Ministro Grillo: allo studio riduzione ticket e liste di attesa

Ministro Grillo: allo studio riduzione ticket e liste di attesa

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano è un modello, ha sostenuto il Ministro Giulia Grillo, la quale ha aggiunto che è allo studio la riduzione ticket e delle liste di attesa

Giulia Grillo, Ministro della Salute, è intervenuta a Roma, al summit dell’Organizzazione mondiale della Sanità Europa. La ministra ha parlato della sanità italiana, come di un “modello universalistico e di eccellenza che resta un esempio anche in Europa”.

La sanità italiana vuole restare “di eccellenza e universalistica”, malgrado “per anni si è proceduto, a causa della crisi, a politiche di tagli severi, in molti casi solo lineari. È facile tagliare ma è più difficile operare in modo mirato ed oggi la sanità in Italia si trova a vivere in una situazione con troppe disuguaglianze e con luci ed ombre”.

Ministro Giulia Grillo
Ministro Giulia Grillo

Giulia Grillo ha aggiunto: “E’ nostra responsabilità che resti tale assicurando ai cittadini le prestazioni a prescindere dal reddito e dalla collocazione geografica”.

“Vogliamo restare un soggetto attivo nelle politiche sanitarie a fianco dell’Oms ed in prima fila per raccogliere vecchie e nuove sfide” – ha detto la ministra che inoltre è ritornata sulla notizia di qualche giorno fa, relativa al costo dei ticket sanitari, volendosi impegnare per il “rilancio del servizio pubblico attraverso la riduzione dei ticket e la diminuzione delle liste di attesa sia per le visite che per le cure diagnostiche ha detto la ministra”.

Il Ministro ha toccato anche l’argomento dei tagli nella sanità, che hanno causato alcune disfunzioni legate anche alla mancanza di personale sanitario specialistico. “Nonostante ciò, le cure sono sempre state assicurate grazie all’impegno del personale che qui voglio ringraziare” – ha detto.

E’ un gap che il ministro ha detto di voler colmare al più presto, difatti ha affermato “Non è possibile che per le cure, ad esempio, i cittadini debbano aspettare tempi lunghissimi. Non sto parlando di un libro dei sogni, ma di un lavoro che abbiamo già cominciato attraverso un confronto con le parti in causa” – ha concluso il Ministro.

Olio extravergine di oliva rilascia una proteina proteggi-cuore

Olio extravergine di oliva rilascia una proteina proteggi-cuore

E’ stato scoperto in Canada il segreto dell’olio extravergine di oliva: rilascia una proteina, che nel sangue impedisce la formazione di trombi e contribuisce ad evitare ictus e infarto

Finalmente è stato individuato il motivo per il quale l’olio extravergine di oliva fa bene al cuore ed in generale, alla salute cardiovascolare: è in grado infatti, di aumentare la ApoA-IV, una proteina del sangue che tiene sotto controllo le piastrine, le cellule che servono a evitare emorragie.

Olio extravergine di oliva
Olio extravergine di oliva

Cellule che però nel caso di un’aggregazione impropria, comportano la possibilità di incorrere in trombi, ovvero al blocco della circolazione del sangue e quindi anche all’infarto o all’ictus.

La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, rivela come livelli di ApoA-IV nel sangue aumentano con l’ingestione di cibi che contengono grassi insaturi come, appunto, l’olio extra-vergine.

Gli esperti del St. Michael’s Hospital di Toronto hanno quindi dimostrato come la ApoA-IV riduce la capacità delle piastrine di aggregarsi e formare pericolosi trombi che occludono le arterie.

In particolare, gli studiosi hanno scoperto l’esatto meccanismo con cui la molecola si lega a un recettore sulle piastrine impedendo loro di aggregarsi.

L’importanza della scoperta sta anche nel fatto che questo meccanismo è risultato essere protettivo contro la formazione delle placche di arterosclerosi, essendo anche questo processo strettamente legato alla formazione delle piastrine.

Secondo i ricercatori, con le nuove conoscenze acquisite attraverso le funzionalità della proteina ApoA-IV, presto si potrà giungere alla determinazione di nuove preventive e protettive per la salute cardiovascolare.

Farmaci, in 10 anni le sperimentazioni in Italia diminuite del 40%

Farmaci, in 10 anni le sperimentazioni in Italia diminuite del 40%

Le sperimentazioni dei farmaci sono calate in Italia del 40% e del 15% in un anno mentre crescono quelle relative alle malattie rare

E’ stato pubblicato di recente il Rapporto dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) sulle sperimentazioni dei medicinali in Italia, dal quale risulta una diminuzione del 15% in un anno e di circa il 40% in 10 anni.

farmaci
farmaci

Lo scorso anno si sono registrate 564 sperimentazioni di farmaci contro le 660 del 2016 e le 880 del 2008. Dati emersi dal 17° Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica dei medicinali pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).

Seppur diminuite, la percentuale delle sperimentazioni condotte in Italia rispetto al resto d’Europa resta stabile e pari a circa il 18% rispetto al 20% dell’anno precedente.

Il calo però, potrebbe essere dovuto in parte a una contrazione delle sperimentazioni globali o europee, che in alcuni casi sono multicentriche e includono anche il nostro Paese.

Altro fattore da considerare è che il dato potrebbe essere alterato dall’uso sempre più diffuso di trial (*) ‘complessi’, che racchiudono in una singola application due o anche più trial, che in passato sarebbero stati presentati come individuali.

La metà delle sperimentazioni in Italia riguarda farmaci contro il cancro ma crescono soprattutto i trial per farmaci per la cura di malattie rare, che rappresentano un quarto del totale, ovvero il 25,5%. Nel 2016 si era fermato invece al 24,8%.

Aumentano anche le sperimentazioni no profit che nel 2017 sono arrivate a quote 26,4%. Anche la ricerca indipendente ha fatto registrare un aumento delle sperimentazioni, passate dalle 343 del 2016 alle 428 del 2017.

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

I diabetici corrono un rischio maggiore di sviluppare il cancro.

Il pericolo è superiore per le donne. A sostenerlo è uno studio pubblicato su “Diabetologia”, condotto da Sanne Peters del George Institute for Global Health in collaborazione con l’Università di New South Wales di Sydney e l’Università di Oxford.

Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne
Pericolo tumore: il diabete rende più vulnerabili le donne

Nello specifico sono stati effettuate delle maxi revisioni su ben 47 ricerche pubblicate in merito, fino a superare quota 20 milioni di individui coinvolti nel processo di ricerca. Secondo lo studio, dei soggetti analizzati, le donne malate di diabete correvano un rischio maggiore del 27% di sviluppare un cancro rispetto alle donne non affette dalla patologia. Per gli uomini, il rischio era del 19%.

In merito si è espresso anche Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia: “Occorre avere ben chiara la potenziale gravità del diabete, che oggi possiamo prevenire e curare in maniera molto più efficace che in passato. La condizione necessaria però è che vengano implementati i modelli organizzativi di gestione della malattia”.

Il diabete colpisce oltre 415 milioni di persone nel mondo, con 5 milioni di decessi l’anno. In Italia sono più di 3,5 milioni le persone colpite dalla malattia. La correlazione con il cancro era stata indicata già in passato, ma ora tali statistiche aiutano a comprendere la gravità della situazione. Il legame potrebbe essere dato dagli sbalzi glicemici, che potrebbero generare dei danni al Dna cellulare, predisponendo di conseguenza l’organismo al tumore.

“E’ possibile che le donne rischino di più – spiega Peters – perché restano più a lungo in una condizione di ‘pre-diabete’, ovvero di ridotta tolleranza al glucosio (almeno due anni di più rispetto ai maschi che invece manifestano il diabete molto più in fretta). Inoltre le donne con la malattia, continua Peters, sono trattate meno dei maschi, ricevono meno terapie farmacologiche anche quando manifestano i sintomi del diabete e questo potrebbe avere ricadute sul rischio di tumori”.

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Procreazione Medicalmente Assistita: in Italia in 10 anni, 100mila nati

Risale a 40 anni fa la prima Procreazione Medicalmente Assistita in Italia, negli ultimi 10 anni ha dato vita a 100 mila bambini

100 mila bambini in dieci anni, sono i bambini nati in Italia grazie alla Procreazione Medicalmente Assistita (pma). Nonostante ciò, sono ancora troppo poche le coppie infertili, che ancor prima di intraprendere questo cammino, si rivolgono a un andrologo, per l’esattezza una su quattro.

Procreazione Medicalmente Assistita
Procreazione Medicalmente Assistita

Dati diffusi dalla Società Italiana di Andrologia (SIA), durante il compleanno di Louise Brown, la prima bambina venuta al mondo dopo essere stata concepita in provetta.
I centri di medicina della riproduzione italiani hanno registrato dal 2005 al 2015, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), oltre mezzo milione di procedure di fertilizzazione in vitro, da cui sono nati oltre 100 mila bimbi.

Nonostante ciò, la probabilità di riuscita delle procedure di procreazione medicalmente assistita è ancora inferiore al 50%. Se un figlio non arriva, l’attenzione si sposta sulla donna quando invece la ripartizione del problema è al 50% fra maschi e femmine. Nel caso sia il maschio ad avere problemi, un’adeguata prevenzione o specifiche terapie possono portare alla soluzione del problema.

Rimane però il problema sul maschio, perchè solo 60 mila delle coppie sulle 250 mila con problemi di fertilità ‘ricordano’ di fare diagnosi e cura di lui, ovvero una su 4.

“L’infertilità maschile è raddoppiata negli ultimi 30 anni e il fattore maschile è sovrapponibile a quello femminile, tanto che si stimano circa 2 milioni di italiani ipo-fertili. Ciò nonostante, mentre a volte, ci si accanisce nell’individuazione e trattamento delle cause femminili, spesso si tralascia del tutto l’altra metà della coppia” – spiega Alessandro Palmieri, presidente SIA e professore dell’Università Federico II di Napoli.

La pma può essere evitata, in almeno 8 mila casi ogni anno o almeno si potrebbe ridurre del 50%. Basterebbe infatti eseguire interventi poco complessi e costosi, come ad esempio la correzione del varicocele, la cura di infiammazioni urogenitali, l’uso di terapie ormonali o di molecole antiossidanti.