Mese: giugno 2018

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

L’Italia è in anticipo sugli obiettivi dell’OMS di diminuzione della mortalità dovuta a epatite C, con una previsione di – 65% entro il 2022

Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità
Epatite C, Italia in anticipo su obiettivi OMS di diminuzione mortalità

L’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva indicato il 2030, come l’anno dell’eliminazione del virus, procedendo ovviamente in maniera graduale.

L’Italia si sta attenendo alle disposizioni dell’OMS e ad oggi, si trova in anticipo di otto anni rispetto agli obiettivi prefissati di eliminazione dell’epatite C, raggiungendo una diminuzione del 65% delle morti correlate all’infezione già entro il 2022.

Ad evidenziare questo trend, uno studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e pubblicato dalla rivista Liver International. Lo studio dell’Iss però evidenzia come servano degli screening mirati per riuscire ad eliminare completamente il virus.

«Il nostro paese è un modello nella lotta al virus. Possiamo dire con orgoglio che questo traguardo verrà raggiunto grazie a un approccio universalistico e solidale unico al mondo, considerando oltretutto il significativo numero dei casi. E siamo sulla buona strada per raggiungere l’eliminazione del virus entro il 2030» – ha spiegato nei giorni scorsi Walter Ricciardi, Presidente dell’Iss.

Per raggiungere l’obiettivo dell’eliminazione dell’HCV è necessario valutare possibili strategie e scegliere quella più efficace. E’ ciò che stanno facendo i dell’Iss, dell’associazione italiana studi sul fegato (Aisf) e la società italiana di malattie infettive, Simit, in collaborazione con l’Aifa e con il Center for Disease Analysis, disegnando i possibili scenari per scegliere la strategia migliore.

Eradicare totalmente il virus è un’impresa possibile mantenendo alto il numero delle persone in terapia effettuando degli screening mirati su particolari gruppi della popolazione generale con maggiore probabilità di avere un’alta prevalenza, scovando così il ‘sommerso’. Questa la conclusione a cui sono giunti i ricercatori.

Mario Melazzini, Direttore Generale dell’Aifa, ha affermato che «I risultati ottenuti supportano da un punto di vista scientifico la politica già messa in atto nel 2017: trattare tutti i pazienti con infezione cronica da HCV (indipendentemente dal danno epatico) produrrà importanti guadagni, in termini di salute delle persone con questa infezione, ma anche in termini di riduzione dei costi diretti e indiretti attesi da parte del Servizio Sanitario Nazionale».

ISTAT, cresciuta la spesa sanitaria per anziani e famiglie

ISTAT, cresciuta la spesa sanitaria per anziani e famiglie

L’ISTAT informa che fra le voci che hanno gravato maggiormente sui bilanci familiari e degli anziani nel 2017, v’è quella relativa alla spesa sanitaria con 123 € al mese di media

La spesa sanitaria degli anziani cresce e sale sino all’8 % toccando quota + 17,3% per anziani e single. Sono i dati diffusi dall’ISTAT che per il 2017 ha riscontrato un aumento sostanzioso della spesa sanitaria rispetto all’anno precedente.

spesa sanitaria
spesa sanitaria

Aumento della spesa che riguarda in special modo le famiglie anziane rispetto a quelle giovani. La spesa sanitaria per gli anziani soli ha raggiunto il 6,9% mentre fra le coppie è arrivata a quota 6,7%.

La spesa media mensile cresce anche quando all’interno della famiglia vi sono individui che hanno conseguito un titolo di studio.

Nello specifico: i nuclei familiari con all’interno una persona di riferimento almeno laureata alzano la media a 3.679 euro mensili, facendo segnare un +3,6%. Se invece si tratta di diploma di scuola secondaria superiore, il dato si attesta a 2.846 €, ovvero +2,2%.

Queste famiglie, infatti, spendono in media 2,2 volte i 1.699 euro spesi dalle famiglie in cui la persona di riferimento ha al massimo la licenza elementare.

Per le famiglie costituite da soli stranieri e da soli italiani il differenziale rimane costante con un divario che scende sotto i mille euro, 1.679 € per gli stranieri e 2.624 € per gli italiani. Per i primi, la spesa si concentra sulle spese relative a beni e servizi essenziali. In particolare il 22% è destinato alla spesa alimentare mentre il 36% all’abitazione.

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

Un vaccino per contrastare la resistenza batterica agli antibiotici, problema che provoca ogni anno nel mondo il decesso di 700.000 persone

E’ in corso uno studio su un vaccino in grado di contrastare la resistenza agli antibiotici ma sono in corso studi anche su vaccini di tipo preventivo contro i tumori alla prostata ed al seno.

Lo ha rivelato di recente il microbiologo Rino Rappuoli, considerato il padre italiano dei vaccini moderni, basati sulla genomica e che vengono ormai somministrati a milioni di persone nel mondo. A Rappuoli ed al suo team, va ascritta la paternità del vaccino contro il meningococco B.

Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino
Resistenza batterica agli antibiotici, si lavora su un vaccino

700.000 di decessi all’anno dovuti alle infezioni resistenti che nel 2050, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, potrebbero diventare 10 milioni. Le infezioni resistenti si sviluppano soprattutto negli ospedali, in quelle persone trattate con terapie che ne abbassano le difese immunitarie.

Intanto si sta sperimentando un vaccino contro il gonococco, batterio che provoca la gonorrea, responsabile al momento di 78 mila decessi in tutto il mondo. Lo studio e la realizzazione di un vaccino necessita spesso di molto tempo, possono trascorrere anche 10 anni per la sua definizione e messa a disposizione della popolazione tuttavia è grazie a questo lavoro che si riescono a debellare patologie.

Così è successo in diverse occasioni quando alcune patologie prima uccidevano bambini e adulti. La spesa della realizzazione di un vaccino è determinata soprattutto dallo sviluppo che viene eseguito attraverso molta tecnologia. Inoltre, se negli anni si sono sviluppati vaccini che guardavano per lo più ai bambini, ora con l’allungamento della vita, è necessario guardare anche alla terza età, per contrastare le malattie che colpiscono gli over 65.

Rappuoli, durante l’incontro ‘Prevenzione e innovazione’, organizzato a Roma da Farmindustria, ha sottolineato l’importanza per gli scienziati dei risultati di questo lavoro di ricerca per i Paesi del terzo mondo, rivelando che esiste un vaccino registrato contro la malaria. A fine anno, come ha indicato l’Oms, verrà usato in tre Paesi africani. Non è un vaccino perfetto perchè ha un’efficacia che va dal 30 al 50% a seconda della dose e della fascia di età. Ma è già qualcosa”, ha detto il microbiologo.

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

Pubblicato uno studio clinico sul metabolismo delle molecole bioattive presenti nella mela, scoperto il percorso dei polifenoli ed individuato il ruolo decisivo del microbiota intestino

“Una mela al giorno, leva il medico di torno” recita un vecchio detto che sembra più che mai in voga oggi, dopo che una ricerca ha rivelato cosa succede quando ingeriamo questo frutto. La ricerca ha scoperto le complesse trasformazioni dei polifenoli in 110 forme chimiche biodisponibili all’organismo umano evidenziando il ruolo decisivo del microbiota intestinale nell’azione benefica di questi composti bioattivi.

Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull'uomo
Mela e salute, svelati i segreti degli effetti benefici sull’uomo

I polifeni sono molecole naturali di interesse nutrizionale, in quanto posseggono attività anti-infiammatorie, anti-diabetogene e anti-cancerogene in modelli in vitro e animali. Non è chiaro però come queste molecole, tra loro estremamente diversificate, possano svolgere queste attività benefiche anche sull’uomo.

Lo studio, di carattere internazionale, ha coinvolto la Fondazione Edmund Mach (Fem) in collaborazione con il Consiglio per la ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) ed è stato finanziato dal progetto Ager Melo. Pubblicata sulla rivista Food Research International, la ricerca apre a nuove prospettive grazie alla scoperta sul ruolo dei polifenoli contenuti nella polpa ma soprattutto nella buccia delle mele.

I risultati della ricerca sono sufficienti per fornire informazioni essenziali per mappare la nutri-cinetica. Ciò significa riuscire a capire qual è il transito delle molecole nel corpo umano, che agiscono con una reale azione protettiva proponendo una metodologia innovativa basata su tecniche multi-omiche (metabolomica e metagenomica) per correlare la biodisponibilità alla composizione del microbiota intestinale.

Lo studio afferma che la quantità e la persistenza di ognuna di queste molecole nei fluidi biologici (sangue e urine) è risultata molto variabile tra un individuo e l’altro e tali disparità si verificano non solo a causa di differenze genetiche, ma anche a causa di diversificazione nella composizione del microbiota intestinale. Dalla ricerca è emerso che mentre il 40% dei metaboliti originava dai processi metabolici umani, il restante 60% richiedeva l’intervento dell’azione dei batteri intestinali per poter entrare in circolo.

Nessuno dei composti fenolici presenti nel succo di mela è presente nell’organismo in forma originale. Questi composti vengono variamente metabolizzati nell’uomo in 110 diverse forme chimiche che compaiono nel circolo sanguigno prima, e nelle urine poi. I ricercatori, attraverso l’utilizzo di tecniche “metaboliche” che consentono lo studio contemporaneo di un numero molto elevato di composti, sono riusciti a descrivere la cinetica di metaboliti di particolare interesse, derivanti in particolare dalla floretina, dai flavanoli (catechine e procianidine) e dall’acido clorogenico. Tutti questi composti fenolici sono particolarmente abbondanti nella mela, specie se consumata con la buccia.

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

Sono 200mila le persone che in Italia soffrono di celiachia ma potrebbero essere molte di più, perchè spesso chi ne è affetto non sa di esserlo

Un problema nascosto per molti che non sanno di essere affetti di celiachia perchè la malattia non manifesta sintomi. Sono 200 mila i soggetti ufficiali affetti da celiachia ma potrebbero essere oltre 400mila, si tratta quindi di casi non diagnosticati. I dati sono stati diffusi di recente direttamente dal Ministero della Salute.

Un incremento dei casi che potrebbe dipendere da diversi fattori, fra cui: un maggiore consumo di alimenti che contengono glutine; criteri di diagnosi più avanzati che permettono di individuare la malattia in un numero maggiore rispetto al passato.

Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine
Celiachia, in Italia aumentano in casi di intolleranza al glutine

La celiachia è una malattia autoimmune che colpisce in Italia, fra i casi acclarati, 139mila donne e 59mila uomini. La maggiore incidenza nel sesso femminile può dipendere dagli ormoni sessuali.

Vediamo alcuni luoghi comuni sulla celiachia. Il primo è il confonderla con l’allergia al glutine. La celiachia infatti non è un’allergia ma un’intolleranza al glutine. La persona che ne è affetta nasce già con una predisposizione genetica, tuttavia la malattia può presentarsi anche in età adulta.

Ovviamente un paziente celiaco non può mangiare i cereali che contengono il glutine, il quale si trova nel frumento, grano, segale, orzo, farro. Lo stesso paziente però, può mangiare riso, sorgo, teff, mais nonchè tutti gli pseudocereali come quinoa, amaranto, grano e miglio. Anche i salumi possono contenere il glutine, a volte infatti sono realizzati con latte in polvere che viene prodotto con aggiunta di farina di frumento ricco di glutine.

Fra gli alimenti ammessi c’è il latte ma in questo ambito si deve prestare attenzione agli yogurt, che non devono contenere aromi o altre sostanze che potrebbero potenzialmente contenere glutine.

Anche al caffè bisogna stare attenti, perchè spesso alcune bevande al caffè contengono glutine. Fra queste il caffè al ginseng, le bevande al gusto di caffè al ginseng, le cialde per bevande calde. Sono da evitare assolutamente se non presentano l’indicazione “senza glutine” il caffè solubile, i surrogati del caffè, le bevande ed i preparati a base di cereali.

Nessun problema per le spezie naturali. Non è così invece per quelle aromatizzate o le miscele di spezie al sale aromatizzato, alla salsa di soia, al curry, ma anche agli aromatizzanti e al lievito per dolci e allo zucchero al velo, spesso addizionato di amido di frumento. Il paziente celiaco deve far attenzione anche al cioccolato e leggere sempre le etichette. Spesso infatti, il cacao può essere stato lavorato in luoghi contaminati che contengono uno o più ingredienti che a loro volta contengono glutine.

La celiachia è una malattia che può dipendere da diversi fattori, per questo detta multifattoriale, in cui la presenza di geni predisponenti è un fattore necessario per l’insorgenza. Al momento, nessuno studio o ricerca scientifica sono riusciti a dimostrare che eliminando il glutine dalla dieta, aiuta a prevenire la malattia.

In ultimo, chi non soffre di celiachia può portare a importanti deficit nutrizionali, perchè comporterebbe una esclusione di nutrienti importanti e utili nella prevenzione del rischio di diverse disturbi come quelli cardiovascolari e del diabete.

70enni, il cuore invecchia più lentamente rispetto a 10 anni fa

70enni, il cuore invecchia più lentamente rispetto a 10 anni fa

Grazie alla prevenzione, infarti e ictus arrivano dieci anni più tardi rispetto al passato, il cuore dunque invecchia più lentamente

Gli anziani di oggi, rispetto a quelli di 20 anni fa, al pari di età, sembrano molto più giovani e difatti gli infarti si presentano 10 anni più tardi. Ad affermarlo, gli esperti della Società Italiana di Cardiologia geriatrica e dal gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa.

cuore
cuore

Il motivo è dovuto al trattamento con le statine dell’ipercolesterolemia e dell’ipertensione arteriosa che ha provocato un crollo delle malattie cardio e cerebrovascolari, ovvero di infarti ed ictus, dovuto alla riduzione delle malattie da aterosclerosi.

La comparsa dell’infarto ha superato i 70 anni mentre all’inizio di questo secolo si attestava sui 65 anni e nel decennio precedente inferiore ai 60 anni.

Uno studio condotto su 2mila persone di età compresa fra i 65 e gli 84 anni, ha tuttavia rilevato una problematica sorta da questo allungamento dei tempi riguardo la comparsa dell’infarto ed è relativo alla disfunzione della pompa cardiaca.

Una problematica attribuita alla naturale degenerazione delle fibre cardiache più che alla loro perdita dovuta ad infarto. Un aspetto che pone queste persone al rischio di sviluppare insufficienza cardiaca.

A tal proposito, la SICGe (Società Italiana di Cardiologia geriatrica), ha messo a punto un progetto che toccherà tutto il territorio nazionale chiamato “Il cuore di … ” e prenderà il nome di volta in volta, del luogo ove verrà fatta la rilevazione. Si tratta di un grande progetto di prevenzione, studiato insieme a Federanziani, che si pone come obiettivo l’analisi di come sia cambiata la biologia del cuore degli anziani di oggi rispetto al passato.

Il progetto si svolgerà eseguendo uno studio ecocardiografico del cuore degli anziani e dei grandi anziani, presi a campione, come fatto già nello scorso autunno a Rimini, su 149 soggetti di età media pari a 73 anni. Già in quell’occasione si è potuto constatare come risultava elevata la percentuale di disfunzioni valvolari cardiache.

Ciò a conferma che a causa della riduzione delle malattie coronariche, il trascorrere del tempo agisce facendo insorgere nuove patologie, inerenti invece il fenomeno della degenerazione dei tessuti, che sono ritenute tuttavia fisiologiche ma spesso prevenibili per ottenere un aumento della durata della vita in buona salute.

Attacchi epilettici, scoperto un congegno che può prevederli

Attacchi epilettici, scoperto un congegno che può prevederli

La scoperta è frutto del lavoro di un gruppo di esperti australiani, che hanno sviluppato un congegno capace di prevedere un attacco di epilessia con circa 30 minuti di anticipo.

Grazie ad una semplice cuffia in testa si possono predire, con un’accuratezza dell’80%, i segnali antecedenti ad una crisi di questo tipo. Così la persona interessata può avere tutto il tempo di prepararsi per trovare un luogo sicuro e ridurre l’alta percentuale di stress derivante da problemi del genere. A pubblicare lo studio Neural Networks, che descrive come i ricercatori guidati da Omid Kavehei della facoltà di ingegneria e IT dell’Università di Sydney, si sono avvalsi del supporto dell’intelligenza artificiale.

“L’intelligenza artificiale è capace di individuare modelli nascosti nei dati, non rintracciabili con tecniche convenzionali. – precisa Kavehei – Molti credono che gli attacchi siano casuali, ma vi sono comunque degli schemi ricorrenti nel periodo immediato che li precede”. Il congegno progettato va posizionato su un’anca ed è in grado di far scattare un allarme fra 5 e 30 minuti prima di un attacco.

L’epilessia è una condizione neurologica (in alcuni casi definita cronica, in altri transitoria, come per esempio un episodio mai più ripetutosi) caratterizzata da ricorrenti e improvvise manifestazioni con improvvisa perdita della coscienza e violenti movimenti convulsivi dei muscoli. Gli attacchi epilettici sono il risultato dell’attività eccessiva e anormale dei neuroni (le cellule del cervello) della corteccia cerebrale. Sono circa 65 milioni le persone nel mondo che soffrono di questo disturbo. Fino ad oggi solo un intervento chirurgico è in grado di individuare attacchi imminenti. Da qui a breve gli studiosi dell’equipe guidata da Kavehei si concentreranno in maniera ancora più accurata sulle reti neurali.

Il tumore al polmone può essere individuato con un esame del sangue

Il tumore al polmone può essere individuato con un esame del sangue

Tenere sotto controllo costantemente lo stato del proprio sangue potrebbe essere un buon metodo per evitare spiacevoli sorprese e in alcuni casi magari intervenire repentinamente su eventuali malattie.

Con un semplicissimo test del sangue, chiamato biopsia liquida, si può individuare un tumore al polmone nello stadio iniziale. Lo ha reso noto il primo autore dello studio, Geoffrey Oxnard, del Dana Farber Cancer Institute-Harvard Medical School di Boston, che si definisce “eccitato da questi risultati iniziali, che dimostrano che è possibile individuare questa neoplasia precocemente da campioni di sangue utilizzando il sequenziamento del genoma”.

La scoperta è alla base di uno studio molto più grande in atto, CCGA (Circulating Cell Free Genome Atlas): già nella fase preliminare si è palesata l’evidenza di come questo particolare test del sangue sia in grado di dimostrare la presenza di un cancro al polmone ancora in fase iniziale. Lo studio è stato presentato qualche giorno fa al congresso dell’American Society of clinical oncology (Asco) e rientra tra i primi studi che prendono in considerazione l’esame del DNA circolante come strumento valido per effettuare una diagnosi precoce di cancro.

L’esame è risultato attendibile nel 90% dei casi analizzati, tanto che il National Health Service (Nhs), il servizio sanitario inglese, lo adotterà per ottenere diagnosi precise e tempestive. Nello studio americano che ha dato eccellenti risultati sono state coinvolte 1.600 persone, 749 sane e 878 a cui da poco era stato diagnosticato un tumore. Un notizia d’eccezione perché scoprire in anticipo una neoplasia toracica è molto difficile e, a oggi, la mortalità per questo tipo di cancro resta alta anche perché il più delle volte lo si scopre in fase avanzata.

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla

Scoperta dai ricercatori del National University of Singapore una funzione importante della proteina galectina-1, che agisce abbassando la pressione alta.

Ogni anno l’ipertensione causa 7,5 milioni di morti nel mondo, circa il 12% del totale di tutti i decessi. Sono questi i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità che per l’appunto, allarmano la comunità scientifica al lavoro per trovare una soluzione.

A Singapore, ad esempio, i ricercatori del National University hanno scoperto una funzione importante della galectina-1. Secondo gli studiosi, tale proteina è in grado di influenzare a sua volta, la funzione di un’altra proteina di tipo-L del canale di calcio, che agisce per contrarre i vasi sanguigni.

Pressione alta: la proteina galectina-1 può abbassarla
Pressione alta

La riduzione delle attività di questi canali permette alla galectina-1 di agire abbassando al pressione del sangue. I pazienti sono considerati con ipertensione di stadio 1 e stadio 2, proprio in base a ciò, devono seguire due raccomandazioni diverse.

I pazienti con ipertensione di stadio 1 devono cambiare lo stile di vita per ridurre il rischio di incorrere in ulteriori problematiche come ad esempio in altre malattie.

I pazienti che invece soffrono di ipertensione di stadio 2 o superiore, per affrontare il problema devono assumere dei farmaci antipertensivi che bloccano i canali di calcio.

Tali farmaci sono tradizionalmente usati per abbassarla, ma il loro uso è associato a un rischio maggiore di insufficienza cardiaca nei pazienti ipertesi, in particolare per quelli con problemi cardiaci.

Secondo gli studiosi di Singapore, lo sviluppo di farmaci che potrebbero regolare l’attività del canale del calcio di tipo L può portare a realizzare nuove terapie anti-ipertensive.